Gli attacchi di panico sono episodi di improvvisa ed intensa paura o di una rapida escalation dell’ansia normalmente presente. Sono accompagnati da sintomi somatici (palpitazioni, vertigini, nausea, sensazione di soffocamento, tremori, ecc…) e cognitivi (timore di morire, impazzire, perdere il controllo,..).
La caratteristica essenziale del Disturbo di Panico è la presenza di attacchi di panico ricorrenti, inaspettati e dalla preoccupazione persistente di avere un altro attacco di panico. La persona si preoccupa delle possibili implicazioni e cambia il proprio modo di agire e comportarsi in conseguenza di tali attacchi. Il primo attacco di panico è generalmente inaspettato, per cui il soggetto si spaventa enormemente e, spesso, ricorre al pronto soccorso; poi possono diventare più prevedibili. Una volta avvenuto l’attacco intervengono almeno tre fattori di mantenimento del problema:
Questi rappresentano delle strategie che vengono messe in atto per combattere o evitare gli attacchi di panico e il loro ripetersi, ma in realtà non fanno altro che peggiorare e cronicizzare il problema.
Spesso, anche se non sempre, gli attacchi di panico possono essere associati alle FOBIE nel caso in cui vengano associati a particolari situazioni che vengono appunto definite “fobiche” (ad es., guidare, prendere l’ascensore, frequentare luoghi affollati, ….) e che vengono generalmente evitate da chi ne soffre.
Il disturbo d’ansia generalizzato è caratterizzato dalla presenza di sintomi e da uno stato di preoccupazione costante ed eccessiva, sproporzionata rispetto alla realtà dei fatti. La caratteristica del disturbo d’ansia generalizzata è la manifestazione dei sintomi ansiogeni protratti nel tempo, anche in assenza di veri e propri fattori o eventi esterni che li scatenino.
Tali sintomi ansiogeni consistono in irrequietezza, nel “sentirsi con i nervi a fior di pelle”, costante affaticamento, difficoltà a concentrarsi e vuoti di memoria, facile irritabilità, tensione muscolare e alterazione del sonno (difficoltà nell’addormentamento, nel mantenimento o nella soddisfazione generale del sonno). Un altro aspetto centrale del DAG è il rimuginio, cioè la concatenazione di pensieri e immagini relativamente incontrollabili e attivati dall’individuo allo scopo di prevedere eventi negativi in condizioni di incertezza e di costruire mentalmente ipotetiche soluzioni. Tali segni sono normali in certe situazioni di stress in particolari periodi di vita, se transitori, ma costituiscono un disturbo d’ansia generalizzato quando si manifestano con frequenza quasi giornaliera, in modo continuativo per almeno 6 mesi.
Ne risulta che l’individuo ha difficoltà a controllare la preoccupazione, manifesta un significativo disagio e una compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo, nella famiglia e nelle aree più importanti della sua vita.
Il disturbo ossessivo-compulsivo è caratterizzato generalmente dalla presenza di ossessioni e compulsioni, anche se in alcuni casi possono essere presenti le ossessioni senza le compulsioni. Le ossessioni sono idee, pensieri, impulsi o immagini che irrompono improvvisamente nella mente e che vengono percepiti come intrusivi, ricorrenti, fastidiosi e in molti casi privi di senso.
L’elemento comune delle ossessioni è che sono impulsi non voluti dalle persone, che producono emozioni di paura e senso di colpa. Questo disagio emotivo può essere talmente intenso che le persone si sentono costrette a mettere in atto una serie di comportamenti (rituali) o di azioni mentali per neutralizzare le ossessioni o eliminarle dalla mente. Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi (es. lavarsi le mani, ripetere più volte una stessa azione) o azioni mentali (es. contare, ripetere formule superstiziose) che permettono alla persona di alleviare momentaneamente il disagio provocato dalle ossessioni. Attraverso le compulsioni la persona riesce a ridurre la sgradevole sensazione che qualcosa non va o che potrebbe accadere qualcosa di brutto. Tuttavia le compulsioni non eliminano le ossessioni, che possono aumentare o ripresentarsi nel tempo. Inoltre, le compulsioni possono diventare molto debilitanti, impegnare molto tempo e costituire esse stesse un problema. La persona con DOC può iniziare a evitare tutte le situazioni associabili alle ossessioni e limitare notevolmente la propria vita sociale o lavorativa.
Il DOC è un disturbo prevalentemente ad esordio precoce (segni e sintomi del disturbo iniziano nell’infanzia di pazienti nel 30-50% dei casi), ma si possono presentare esordi in età adulta e persino tardiva. Il decorso non è sempre cronico. E’ un disturbo suscettibile ad eventi di vita, nello specifico eventi di vita gravi interessano l’esordio nei bambini, adolescenti e donne over 40; in quest’ultime, un ulteriore fattore di rischio è rappresentato dalla gravidanza.
La caratteristica principale della fobia sociale è data dalla paura marcata di esporsi a una o più situazioni sociali ed è accompagnata dalla credenza dell’individuo di essere osservato dagli altri, di essere giudicato e valutato negativamente come soggetto inadeguato.
Nelle situazioni sociali temute, gli individui sono preoccupati di apparire imbarazzati e di essere giudicati in modo negativo. Ovviamente queste persone cercano in tutti i modi di evitare tali situazioni, o se vi sono costrette, sopportano tali situazioni con un carico di disagio molto elevato.
Le caratteristiche tipiche di questo disturbo sono: marcata ansia anticipatoria che precede le situazioni temute (già prima di affrontare una situazione sociale le persone cominciano a preoccuparsi per tale evento); comportamenti protettivi (strategie che la persona mette in atto per poter controllare meglio i sintomi fobici ma che in realtà amplificano il malessere e interferiscono negativamente con la prestazione e l’attività temuta dal fobico, es. ripetere mentalmente ciò che si intende dire prima di parlare rende la conversazione più faticosa e difficile oppure evitare il contatto visivo per non attirare l’attenzione dell’altro è un segnale che non agevola l’interazione con l’altro); esame a posteriori della situazione (anche di fronte a prestazioni oggettivamente adeguate vi è la tendenza a ruminare sul proprio comportamento, formulando un’autovalutazione a posteriori solitamente negativa di se stesso e della prestazione nella situazione sociale).
Durante l’esposizione a situazioni temute, la persona con ansia sociale concentra l’attenzione su di sé e si pone da una prospettiva di autosservazione, sia della propria immagine durante la prestazione, sia delle proprie sensazioni fisiologiche ed emotive, “interne” e non visibili dagli altri e dalla prestazione in sé. Tali autosservazioni presentano una elevata quota di soggettività e portano ad immagini di sé distorte: ad esempio, se il soggetto si sente lievemente agitato può pensare che gli altri lo notino, segnale che porterà ad un giudizio negativo da parte dei propri interlocutore/o dagli altri che lo stanno osservando
La fobia è una paura irrazionale e persistente che riguarda prevalentemente oggetti, luoghi, situazioni, animali o attività (definite oggetto fobico) che non costituiscono un pericolo reale per la persona ma che vengono percepite come terrificanti al punto tale, in condizioni estreme, di limitare il funzionamento e l’autonomia di chi ne soffre.
La persona riconosce che la paura è eccessiva ma non è comunque in grado di rassicurarsi e non riesce a mettere in atto un controllo volontario sulla paura o l’ansia anticipatoria. Chi soffre di fobie tende a gestire l’ansia che ne deriva evitando le situazioni o l’oggetto temuto, sperimentando così un abbassamento dell’ansia stessa. Tuttavia, sul lungo termine la persona si troverà costretta ad evitare una serie di luoghi, situazioni o oggetti sperimentando un abbassamento considerevole dell’autostima e del senso si autoefficacia.
Nel caso in cui la fobia sia conseguenza di un evento traumatico (ad esempio un incidente stradale può causare la fobia della macchina, il morso di un cane può essere causa della fobia dei cani,…) l’EMDR diventa il trattamento d’elezione.
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